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Serata con Silverbird

 

foto serata Lugano, 1 ottobre 2009

J. Reuben Silverbird invita a non dimenticare!

Figlio di un capo tribù Apache e di una guaritrice Cherokee. Musicista, attore, storico e Ambasciatore di pace.

J Reuben Silverbird gira il mondo tentando di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difficile e controversa situazione in cui versano le 576 "nazioni indiane" originarie.

A gennaio era ad Oslo per perorare la causa di Eloise Cobeil (la donna che ha portato il governo americano davanti alla corte suprema chiedendo 176 miliardi come risarcimento per un presunto caso di sfruttamento delle risorse petrolifere dei nativi) chiedendo che le fosse attribuito il Nobel per la pace.

Giovedì 1 ottobre 2009 era a Lugano, invitato dalla sezione ticinese della Universal Peace Federation, per una serata contraddistinta dal bisogno di ricordare le difficoltà che giornalmente affrontano i quasi 3 milioni di "pellerossa" che vivono negli Stati Uniti. «Non mi piace il termine "nativo americano" — ha spiegato Silverbird — perché anche un italiano che nasce sul suolo americano può essere considerato tale. Io preferisco di gran lunga essere chiamato "nativo originale degli Stati Uniti"; definizione che ovviamente non piace ai "bianchi". Tutti sappiamo cos’è successo al popolo ebraico con l’olocausto. La mia gente, tra il 1860 ed il 1910, ha a sua volta subito sofferenze simili: terribili. Una storia che è completamente stata dimenticata. Non cera la TV ad informare il mondo su cosa succedeva al nostro popolo e nessun o si è scandalizzato di fronte ai massacri che la mia gente ha subito. Le persone dimenticano in fretta. Eppure, a guardar bene, sono passali solo 90 anni. I "bianchi" non pensano mai, quando vanno a dormire, che ogni pezzetto della loro terra è stato conquistato con la forza e con il sangue.

Mai c’è stato un processo riparatore, è questo è incredibile visto che la biblioteca del Congresso è stracolma di documenti provanti, se ancora ce ne fosse bisogno, le atrocità compiute dai coloni nella corsa verso il "west". Chi si ricorda del "percorso delle lacrime"?

Chi si ricorda che Andrew Jackson. Il presidente degli Stati Uniti in persona, ordinò la deportazione di Cherokee, Chickasaw e dei Seminole dalla Georgia all’Oklahoma? In quel tragitto morirono di fame e di stenti 3.000 bambini; lo stesso numero di morti dell’undici settembre. E stato un presidente! E con lui, a scortarci verso le riserve, l’esercito americano! È solo uno dei tanti esempi di ciò che abbiamo subito. Una tragedia dimenticata.

Eppure, nonostante tutto, ci sono ancora 18.000 nativi americani sono le armi a combattere in lraq. Credono nella forza dell’unita. Ci credo anche io e credo in Obama il primo uomo con un cuore entrato alla Casa Bianca». (J.R.S.)